Buona lettura.
Ritratto di Paolo III Farnese
olio su tavola
È un vero piacere proporre oggi questo quadro, perché è tra le recentissime acquisizioni della Fondazione: il ritratto del papa Paolo III Farnese (1468-1549). Si tratta di una copia del famoso dipinto che Tiziano esegue nove anni dopo l’elezione del pontefice e che attualmente è conservato a Napoli nel Museo di Capodimonte.
Dipinto famoso per diversi aspetti, primo fra i quali l’autore, il pontefice aveva insistito molto per averlo al proprio servizio; Tiziano infatti ritrattista di principi e imperatori.
E poi la rapidità con cui l’artista ha dipinto l’opera; la testimonianza di uno dei pochissimi documenti di pagamento all’artista da parte dei Farnese ed infine l’immediato successo del dipinto testimoniato dal numero di copie che ne vengono tratte. Giorgio Vasari ricorda la tela a Roma nella guardaroba del cardinale Alessandro Farnese, nipote del pontefice, cui evidentemente era passato in eredità, e la presenza a Palazzo Farnese è testimoniata anche dagli inventari del 1644 e del 1653. Nel 1680, quando Ranuccio II porta le collezioni farnesiane a Parma, il ritratto è esposto con il massimo rilievo nel Palazzo del Giardino, nella sala che prende il nome proprio dall’opera, successivamente nella “Galleria” del Palazzo della Pilotta, per poi passare a Napoli con buona parte della collezione Farnese in seguito alle spoliazioni attuate da don Carlo di Borbone nel 1734.
La tavola della Fondazione proviene dal mercato antiquario fiorentino, purtroppo priva di una documentazione che contribuisca alla ricostruzione della sua storia.
Il personaggio raffigurato rappresenta un elemento fondamentale per la storia della nostra città, dal momento che il ducato di Parma e Piacenza è «nato in una notte come un fungo», per volontà di papa Paolo III Farnese, come disse il cardinale Ercole Gonzaga, nel 1545, nell’ambito di un’ambiziosa politica nepotistica.
La vita di questo grande pontefice del Rinascimento è affascinante per la ricchezza dei rapporti politici ma anche familiari, questi ultimi non sempre limpidi, per gli scandali e gli intrighi diplomatici che hanno contribuito a portare il casato alla ribalta internazionale dell’epoca. Il grande progetto politico di Paolo III era quello di fondare una dinastia farnesiana e di assicurare uno Stato alla propria famiglia.
Già prima di essere eletto papa, quando ancora era cardinale, la sua dotazione era imponente in virtù dell’investitura perpetua dei possedimenti nell’alto Lazio; il ducato di Castro, cui si aggiungono Caprarola e Ronciglione, Camerino e i numerosi benefici ecclesiastici, tra i quali il vescovado di Parma, che cede, subito dopo l’elezione a Papa, al nipote quattordicenne Alessandro.
Per conseguire il suo obiettivo Paolo III aveva intrapreso una politica matrimoniale che lo porta in breve tempo a concordare prestigiosi matrimoni per i nipoti Ottavio e Orazio, figli di Pier Luigi, rispettivamente con Margherita d’Austria, figlia dell’imperatore Carlo V, nel 1538
e Diana, figlia del re di Francia Francesco I, nel 1553
Nozze che legano in parentela la famiglia Farnese con quelle che potremmo definire le due “superpotenze” del Cinquecento. Con bolla del 26 agosto 1545 Paolo III costituisce il ducato di Parma e Piacenza e ne investe il figlio Pier Luigi: in tutta la storia d’Europa non si era mai visto uno Stato, nel caso specifico quello della Chiesa, alienare due tra le sue più importanti città per iniziativa del suo stesso governante, impegnato di norma ad aumentare i possedimenti e non certo a diminuirli.
L’astuto pontefice aveva architettato argomentazioni pretestuose a favore della Camera Apostolica proponendo uno scambio con i feudi di Nepi e Camerino, che avevano naturalmente provocato illividite reazioni. Da quel giorno e per quasi due secoli, la storia della nostra città, insieme a Piacenza, resta indissolubilmente legata alla casa Farnese fino alla sua estinzione con l’ultimo duca Antonio, che muore nel 1731 senza successore.
Paolo III, settantacinquenne ma ancora energico, è ritratto al centro del quadro nell’atto di rivolgere il suo sguardo severo verso l’osservatore. Il corpo è lievemente ruotato e l’inquadratura comprende tre quarti della figura. Siede su una larga poltrona da camera rivestita di velluto rosso, tenendo la mano sinistra posata sul bracciolo e la destra appoggiata su una borsa cremisi e munita di anello pastorale ben in vista a ostentare il suo prestigioso rango.
La barba e i baffi canuti nascondono le labbra sottili e serrate, il naso è prominente, lo sguardo accigliato e penetrante emerge dal volto scavato dagli anni. Il papa indossa la mozzetta, una mantellina rossa con cappuccio, foderata di ermellino e abbottonata al centro, con larghe maniche e coda, un indumento riservato esclusivamente agli alti prelati e al pontefice.
Sotto la mozzetta risalta in nitore della veste. Rispetto all’originale dipinto da Tiziano, il nostro ritratto ha dimensioni inferiori ed è dipinto su una tavola di noce. L’anonimo artista si sofferma a indagare meticolosamente il volto di papa Farnese cogliendone la peculiare espressione, che Tiziano aveva così ben definita.
L’adesione al prototipo fa ipotizzare che si tratti di una copia dal vero, eseguita quindi osservando il ritratto originale, destinata a qualche committente che aveva l’interesse a possedere nella propria quadreria la replica di un modello tanto prestigioso. Quella che si potrebbe definire una “copia da collezione” che ci testimonia la consuetudine da parte dei collezionisti di raccogliere e possedere grandi exempla artistici, per varie ragioni inaccessibili.
Scheda realizzata in collaborazione con Artificio Società Cooperativa