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Aurora rapisce Cefalo Olio su tela, Madrid Museo Nacional del Prado

L’opera di Julien de Parme (1736-1799) ha richiamato l’attenzione di due enti, la Pinacoteca Cantonale Giovanni Züst di Rancate (Ticino, Svizzera) e la Fondazione Cassa di Risparmio di Parma. Dalla collaborazione è nata questa mostra che è dislocata su due sedi. A Rancate dal 19 settembre al 28 di novembre e a Parma, presso la Fondazione Magnani Rocca dal 12 febbraio al 30 aprile 2000. La mostra curata da Pierre Rosenberg dell’Académie Française e Presidente Direttore del Museo del Louvre si è prefissata di riunire l’intera produzione di dipinti e disegni del pittore finora conosciuti. Le opere – una ventina di dipinti e una cinquantina di disegni – provengono dai principali musei francesi, dal Prado di Madrid, dall’Albertina di Vienna, dal Museo Nazionale di Stoccolma, dalla Galleria d’Arte Moderna di Palazzo Pitti a Firenze e da numerose collezioni private.

Julien de Parme, artista nato a Cavigliano, nella Svizzera italiana, è stato in passato confuso con alcuni suoi contemporanei, lo scultore Pierre Julien (1731 – 1804) e il pittore Simon Julien de Toulon (1735 – 1800). Per questo la sua storia e la sua opera sono tutto da riscoprire. La sua formazione, che fu soprattutto locale, si amplia durante un soggiorno a Roma di dodici anni e si completa in Francia.

Poco considerato dal mondo artistico ufficiale, come l’Accademia di Francia a Roma e l’Accademia Reale di pittura e scultura, ebbe tra i maggiori sostenitori il potente ministro del ducato borbonico di Parma, Guillaume Du Tillot, ma anche artisti come il pittore belga André Corneille Lens o il grande scultore e incisore svedese Johan Tobias Sergel. La sua carriera non fu, per riconoscimento e fama, delle più brillanti, ma Julien de Parme non desistette mai, pur soffrendo dei numerosi insuccessi, come si legge nella corrispondenza che ebbe con Lens e nella sua movimentata autobiografia.

Ambiziose per i soggetti, che sono quelli che i grandi maestri neoclassici affronteranno a loro volta, le opere di Julie de Parme disorientano e sorprendono. Deliberatamente l’artista rifiuta la pittura francese alla Bouche, allora di moda, e guarda all’antico e a Raffaello, convinto di riuscire a rinnovare, attraverso illustri discendenze, la pittura.
Il catalogo, pubblicato da Skira, si pone come prima vera monografia dell’artista e cerca di collocare la produzione di Julien de Parme nell’ambito delle coeva pittura europea e di evidenziare quelle novità compositive e formali che la inseriscono tra le ricerche più audaci del suo tempo, anticipando, con la sua arte, tematiche che avrebbero poi fatto la fortuna di David. Risultano utili in questa logica anche gli scritti dell’artista.

Un capitolo particolare è inoltre dedicato a Simon Julien e a Pierre Julien, tante volte confusi con Julien de Parme, che nonstante il “nome d’arte” francese con cui ci è noto, affonda le sue radici nella cultura italiana. Vi è inoltre incluso, in copia anastatica, il catalogo il catalogo delle opere appartenute a Julien de Parme (capolavori, fra gli altri, di Raffaello, Leonardo, Parmigianino), pubblicato nel 1794 in occasione della vendita all’asta ed esistente in copia unica presso la Biblioteca di Ginevra: un documento eccezionale che fa luce insieme sulla cultura dell’artista e sull’arte classica, per cui potrà essere incentivo a ulteriori studi che vanno oltre la personalità del nostro pittore.

Avvincente è la biografia di Julien de Parme, al secolo Bartolomeo Ottolini, nato a Cavigliano (Ticino, Distretto di Locarno) nel 1736. Cresciuto con la madre, si trasferisce presto, a Craveggia in Val Vigezzo (Novara), dove apprende i rudimenti dell’arte nello studio del pittore Giuseppe Maria Borgnis (1701 – 1761). Nel 1747 Julien lascia definitivamente Craggia e si reca in Francia, dapprima a Bourges poi a Diors, presso Châteauroux, dove lavora come ritrattista, e successivamente a Parigi, dove entra in contatto con i pittori Carle Van Loo (1705 – 1764). Dopo un breve e infruttuoso soggiorno nela capitale francese intraprende un viaggio verso il Sud e poi in Italia visitando Genova, Livorno, Pisa e Firenze.

Nel 1760 giunge a Roma, dove decide di stabilirsi per dedicarsi soprattutto allo studio dell’arte antica e dei maestri italiani. Qui entra in contatto con Guillaume Du Tillot (1711 – 1775), potente primo ministro della corte borbonica di Parma che gli consente di approfondire la sua formazione. Da questo momento si dedica alla pittura di genere storico, dipingendo quasi esclusivamente soggetti tratti dalla storia e dalla mitologia greca e romana.

Testa di bambino matita e lumeggiature bianche. Chartes, Musèe des Beaux-Arts

Nel 1773, in seguito alla caduta del Du Tillot, segue quest’ultimo a Parigi, dove un sostenitore incondizionato nel duca Louis de Nivernais (1716 – 1798), amatore d’arte e uomo di lettere. Nonostante la sua protezione è dapprima osteggiato dallAccademia di San Luca, che per impedirgli di dipingere giunge fino a sttrargli gli strumenti di lavoro, e scultura, che gli sbarra le porte. I suoi principi estetici, la sua ammirazione per Raffaello e per l’antichità classica, che anticipa di parecchi anni quella di David (1867) e dei maestri neoclassici, sono inconciliabili con la “maniera francese” allora in voga.

Negli ultimi anni, pur annoverando tra i suoi amici ed estimatori lo scultore di corte Augustin Poajou (1730 – 1809) e il grande scultore svedese Johan Tobias Sergel (1740 -1814), Julien de Parme conduce una vita estremamente travagliata e isolata, versando in grandi difficoltà materiali, tanto che verso la fine della Rivoluzione è costretto a implorare l’assistenza dell’amministrazione delle Belle Arti e a vendere la sua collezione di maestri italiani. Julien de Parme muore a Parigi il 10 termidoro dell’anno 7 (28 luglio 1799) in Contrada Nuova Sainte Geneviève.

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