Negli anni Settanta alla Biblioteca è pervenuto l’archivio della nobile famiglia Pallavicino, che tenne la signoria bussetana per tanti secoli, dono dei marchesi Pier Luigi e Gabriella.
La consistenza e l’importanza del fondo documentario hanno permesso la pubblicazione, a cura della Biblioteca stessa, di numerosi volumi dedicati alla storia della famiglia e del territorio, divenuti riferimento insostituibile nella bibliografia non solo locale.
L’attuale schedatura dell’archivio si deve al lavoro della studiosa Elena Nironi della quale si riporta il testo a seguire, pubblicato sul volume a cura di Corrado Mingardi Pasco Oves Meas Il Monte di Pietà di Busseto e la sua Biblioteca, Parma, 2002.
Il nucleo più consistente di esso è costituito dagli atti giudiziari relativi a varie cause, prima tra tutte la complessa ed estenuante controversia nota come Parmensis Status, che vide i Pallavicino opporsi ai Rangoni per il recupero della signoria su Zibello, perduta in seguito a vicende ereditarie e a conflitti politici.
Si collocano dunque in una posizione di snodo, per la storia di questo archivio, le vicende che videro protagonista Alessandro dei Pallavicino di Zibello, vissuto dal 1568 al 1645.
La causa si protrasse dal 1530 al 1630, ma ebbe ancora ampi strascichi dopo questa data e poté dirsi definitivamente conclusa solo nel 1695.
I documenti riguardanti Zibello, con le sue pertinenze feudali e allodiali, si riferiscono principalmente al periodo posteriore al 1630, quando Alessandro poté riprenderne il possesso in virtù della transazione raggiunta coi Rangoni, anche se in condominio con i cugini Alessandro e Ciro. Alla morte di quest’ultimo, estintasi la sua linea, i suoi diritti e le sue carte passarono ad Alfonso figlio di Alessandro.
Sono poi documentate le vicende degli altri possessi feudali del ramo di Zibello, comprendenti Varano Melegari, Sant’Andrea, Solignano, Tizzano.
Anche in questo caso furono i discendenti di Alessandro a beneficiare infine dell’estinzione di tutte le altre linee discendenti dal capostipite Giovan Francesco, rientrando in possesso dei diritti su Varano e Sant’Andrea nel 1723.
Per quanto riguarda i rami di Busseto e di Cortemaggiore, sono conservati nell’archivio vari testamenti e documenti riguardanti le controversie avute da Sforza Pallavicino con i duchi di Parma Ottavio e Alessandro Farnese e con altri componenti della famiglia Pallavicino passate poi in eredità ad Alessandro di Zibello.
Tra queste spiccano, per la mole della documentazione presente, le liti con i discendenti di Adalberto, figlio naturale legittimato di Galeazzo dei Pallavicino di Busseto.
Costoro avanzarono per molti anni pretese sia sui beni allodiali ereditati da Alessandro che sui diritti feudali e di giuspatronato, determinando una serie di cause sia davanti ai tribunali civili che a quelli ecclesiastici che si conclusero solo dopo il 1633.
Le carte riguardanti i Pallavicino di Polesine presenti nell’archivio vi sono confluite dopo l’estinzione della discendenza maschile di questo ramo della famiglia, avvenuta nel 1731: tra esse lettere del cardinale Ranuccio, Inquisitore Apostolico a Malta ed esponente di spicco della Curia romana sul finire del XVII secolo.
Sono documentati diritti e interessi sul feudo di Monticelli, appartenuto a Carlo Pallavicino, figlio di Rolando il Magnifico e vescovo di Lodi, e diviso fra i tre rami di Busseto, Cortemaggiore e Zibello alla sua morte.
Un piccolo nucleo di documenti riguarda infine il feudo di Roccabianca che, appartenuta ai Pallavicino fino ai primi del XVI secolo e poi passata per lungo tempo ai Rangoni, fu recuperata da Antonio Pallavicino nel 1785, poco prima che la rivoluzione francese e le sue ripercussioni sull’Italia determinassero la fine delle sopravvivenze feudali anche nel territorio parmense.
L’amministrazione del feudo di Castel Sant’Angelo Madama, acquistato in seguito alla transazione del 1633 con i Farnese e tenuta anch’essa fino al definitivo declino del feudalesimo agli inizi del XIX secolo, è documentata soprattutto dalla corrispondenza con i procuratori cui era affidata.
Una vasta sezione dell’archivio riguarda i numerosi diritti di giuspatronato di cui i Pallavicino erano titolari e le controversie ad essi relative sorte tra membri dei vari rami della famiglia e con il vescovo di Borgo S. Donnino, sotto la cui giurisdizione buona parte delle chiese esistenti nelle terre dei Pallavicino passarono dopo la creazione della nuova diocesi nel 1602.
Ugualmente ampia è la sezione riguardante i cosiddetti “luoghi”, cioè quote di partecipazione al capitale, che i Pallavicino possedevano presso il Banco di San Giorgio di Genova, e le complesse vicende derivanti dalle contese per il possesso di essi e per il godimento dei loro frutti trascinatesi per oltre due secoli fin dopo la metà del XVIII secolo.
Vi sono poi le sezioni che documentano diritti, interessi e controversie per questioni ereditarie e dotali derivanti dai matrimoni: tra questi in particolare l’eredità del marchese Pietro Francesco Malaspina, zio materno di Alessandro, con la quale giunsero nelle mani dei Pallavicino anche le carte del suo archivio personale; il secondo matrimonio di Alessandro con Francesca Sforza di Santa Fiora, che gli portò in dote beni a Città della Pieve nel perugino; il matrimonio di Alfonso figlio di Alessandro con la cremonese Anna Ariberti, che portò in dote beni a Cappella de’ Picenardi nel cremonese.
Sono presenti in grande quantità documenti connessi all’amministrazione del patrimonio, quali acquisti e vendite, affitti e livelli, prestiti e transazioni finanziarie, concessione di diritti e licenze. Anche a questi sono connesse numerose liti: con gli affittuari e i livellari, con i creditori e i debitori, con le pubbliche amministrazioni e con il fisco.
La corrispondenza infine, occupa una parte rilevante delle carte, ed è soprattutto concentrata sullo scambio di informazioni tra i vari marchesi e i loro numerosi agenti e procuratori.
Questo archivio rappresenta nel suo complesso un’importante fonte di informazioni non solo sulle vicende della famiglia, che ne costituiscono com’è ovvio l’asse portante, ma anche sulla storia delle terre pallavicine e di quelle ad esse circostanti nell’età moderna.
Vi sono infatti ben documentati i rapporti intrattenuti dall’aristocrazia di origine feudale, della quale i Pallavicino erano tra i principali rappresentanti, da una parte con i poteri statali che si andavano via via costituendo e con le loro strutture politiche e amministrative, dall’altra con le istituzioni ecclesiastiche, soprattutto in quel cruciale periodo di passaggio che furono i decenni successivi al Concilio di Trento.
Vi si trovano molte notizie, seppure talora indirette, su altre importanti casate nobiliari dell’area parmense, piacentina e cremonese. Se ne può trarre una puntuale rappresentazione dei mutamenti nei rapporti giuridici, politici e sociali e nelle strutture produttive, particolarmente in ambito agricolo. Può essere fonte per studi di toponomastica, di geografia umana, di idrogeologia per quanto riguarda il Po e le terre immediatamente ad esso adiacenti.
Soprattutto però ci dà la minuta e viva testimonianza delle vicende, specifiche per un verso ma assolutamente tipiche per un altro, di una casata nobiliare nei secoli dell’antico regime. È possibile quindi coglierne la rete di rapporti intercorrenti tra membri e rami della famiglia; vederne il ruolo politico ed economico rispetto al territorio e le persone che lo abitavano e che le erano in parte sottoposte; apprezzarne la convivenza con le strutture dello stato moderno e gli adattamenti di stile e abitudini che questa ha comportato.
Si tratta insomma di uno spaccato di un’epoca, che può aiutare ad approfondirne la mentalità, le strutture socio-economiche e giuridiche, l’evoluzione ma anche le sostanziali e durature permanenze.